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Direi che ho una lunga storia con La Marzocco, perché nasco come barista. Finita la scuola mi sarebbe piaciuto lavorare in un locale, ma ero ancora minorenne. Girando per Oslo vidi un cartello sulla vetrina di un coffeeshop: se non era il primo era tra i primi cinque caffè aperti in città. Neppure bevevo caffè, ma ottenni il posto perché avevano disperatamente bisogno di qualcuno. Poche ore di formazione nella torrefazione del coffeeshop e poi mi trovai da solo dietro al bancone a tempo pieno. Per fortuna in Norvegia la cultura dell’espresso era abbastanza nuova, quindi ancora nessuno ne sapeva molto, nemmeno chi veniva a berlo. All’inizio non bevevo espresso, poi pian piano sotto la guida del mio maestro, Willie, iniziai a giocare con quello che avevo: la macchina da caffè era vecchia, piccola e economica, i macinini terribili. Ma piano piano iniziai a testare nuove attrezzature, macinini, macchine, i filtri per l’acqua, i pressini e tutto questo tipo di cose. Era divertente e ho imparato moltissimo, al punto che il proprietario mi propose di partecipare alla competizione baristi che la SCAE Norvegese stava organizzando. Mi pare fosse la seconda edizione: era un evento ancora nuovo e sconosciuto. Accettai, non avevo niente da perdere. Potevamo scegliere se gareggiare su La Marzocco o su un’altra marca, che era quella che avevo a lavoro, e scelsi la seconda. Arrivai in semifinale. Nella classifica finale c’erano i primi tre qualificati, tutti gli altri, tra cui io, erano al quarto posto. Magari ero arrivato proprio ultimo, ma dai giudici ricevetti dei buoni feedback e decisi di riprovarci l’anno successivo. E dato che Robert Thorensen, il vincitore, aveva gareggiato su La Marzocco, scelsi anche io La Marzocco. Arrivai secondo e chiesi di poter avere una La Marzocco a lavoro, per ripresentarmi in gara preparato e seppur con riluttanza mi accontentarono. Forse comprarono una Linea usata per la competizione o una cosa del genere. Io mi sentivo ancora un neofita, ma nel frattempo avevamo aperto un secondo coffe shop dove usavamo La Marzocco e mi allenavo praticamente ogni volta che avevo un po’ di tempo libero. Arrivai secondo un’altra volta. Eppure mi credevo il migliore tra i barista. Ero giovane e pieno di me. Riguardandomi nei video ho capito che essere un barista non è solo avere tecnica o saper maneggiare la macchina: devi saper creare una buona esperienza per il cliente. In gara l’avevo completamente scordato, perciò iniziai a concentrarmi molto di più su questo aspetto.
Durante il campionato baristi a Oslo, nel 2002, avevo incontrato Piero Bambi e dato che mia madre e mia sorella erano venute per vedermi gareggiare le presentai a Piero. Si creò una situazione super strana perché mia sorella pensò che fosse mio nonno. In effetti erano praticamente identici, avevano anche gli stessi occhiali. Però mio nonno era morto un paio di anni prima!
Quello stesso anni feci il primo viaggio in Italia con il mio amico e collega e andammo anche in visita a La Marzocco: incontrai Piero, Kent Bakke, Ron Cook. Dato che nelle fiere i venditori erano sempre in giacca e cravatta, stirammo le camicie e mettemmo i pantaloni buoni. Era molto caldo altrimenti avremmo messo anche la giacca. Quando arrivammo alla fabbrica, sembrava chiusa. Bussammo e Piero ci aprì: indossava una maglietta!
C’è un film d’animazione molto famoso qua, “Flåklypa Grand Prix”, girato in stopmotion: parla di un inventore che lavora in un piccolo garage. Entrare nella fabbrica fu come trovarsi nel film: attrezzi dappertutto, vecchie macchine polverose in giro, caldaie ovunque. Rispetto ad altre fabbriche che ho visto La Marzocco era veramente una piccola officina: e Piero era entusiasta nel mostrarci ogni cosa su cui stava lavorando, anche le più strane: il paddle meccanico, nuove idee per la pre infusione. Ci colpì la sua passione per la meccanica delle macchine, ma anche per il caffè. Voleva migliorare la macchina perché il caffè venisse più buono. Ci offrì il caffè della sua torrefazione locale preferita. Aveva una macchina tondeggiante, tutta dorata, credo fosse una FB70, e c’era un super macinino che sembrava un’astronave che avevano restaurato. Fu una visita fichissima.
Per testare tutti i termostati, che erano ancora meccanici e venivano tarati alla stessa temperatura prima di andare dentro alla macchina, settavano la temperatura con un piccolo cacciavite. Aveva tante piccole invenzioni interessanti per fare il controllo qualità sulla macchina che erano molto divertenti da scoprire. Imparammo tantissimo sulle macchine e visitammo anche delle grandi torrefazioni, come Illy. Pensai che avrei voluto tostare il mio caffè, non solo per la competizione, anche per il coffee shop. Ispirandomi a tutto quello che avevo imparato in Italia iniziai a usare la tostatrice e per un anno mi concentrai sul servizio, sulla tostatura, sulla degustazione. E poi tornai in Italia nel 2003. Proprio quell’anno durante la Nordic Barista Cup in Danimarca incontrai Guido Bernardinelli che ci raccontò che aveva iniziato a lavorare per La Marzocco.
Nel 2004 portai in gara il mio blend. Era un profilo di aromi completamente diverso dall’espresso norvegese, che era quasi sempre scurissimo con aromi decisi e aggressivi. Volevo note fresche e fruttate: iniziai ad usare i caffè colombiani, il naturale brasiliano, i caffè del Kenya. Nella gara del 2004 a Trieste vinsi la competizione, e fu fantastico. Ovviamente su una La Marzocco. Da lì in poi ho iniziato un percorso da “educatore”, viaggiavo e tenevo seminari. Con maggiori risorse iniziai a investire nello sviluppo e nelle attrezzature. Verso la fine del 2005 lasciai la catena dei coffee shop per cui lavoravo e iniziai a pianificare il mio business. Al tempo il web era molto vivo, c’era molta interazione, discussioni sui forum, blog. Prima di tutto questo imparavi dai libri, dai video o andando direttamente a visitare le fabbriche, ma intorno al 2004-2005 invece eravamo tutti molto attivi su internet. La Marzocco usò questa risorsa per il miglioramento delle macchine, per lo sviluppo di cose nuove e ci coinvolse nella progettazione della Strada. Non avevamo grandi conoscenze, da baristi, ma avevamo tanta esperienza. Sicuramente oggi i suggerimenti sarebbero diversi. Venimmo in Italia un paio di volte per lavorare sulla macchina e per testarla. Oggi saremmo molto più metodici, faremmo test e misurazioni, ma all’epoca neanche sapevamo cosa cercare, i rifrattometri erano stati messi in uso da poco, eravamo ancora all’inizio di tutto.
Abbiamo avuto una Strada, ma siamo passati ad una Linea PB quando è uscita. Inizialmente avevamo un FB80. Piero l’aveva customizzata per noi, con le caldaie singole per i due gruppi. E fece anche qualcosa sulle elettrovalvole, per sperimentare la pre infusione. Ma nessuno di noi capì bene come usarla e quindi la usavamo sempre alla solita vecchia maniera. Poi fu venduta a uno dei miei clienti, che l’ha tenuta per un sacco di tempo. Anni dopo Enrico Wurm mi contattò per poterla smontare e capire cosa aveva fatto Piero, ma non siamo riusciti a trovarla.
Abbiamo sempre usato La Marzocco: perché è affidabile e costante, specialmente ora con le bilance. E non ci è mai successo di fermarci per colpa della macchina. Per me oggi la qualità di un espresso è data dalla qualità del caffè verde, e da come viene tostato: al centro non ci sono più le attrezzature. Che sono migliorate tantissimo, ovviamente. Oggi abbiamo una Linea PB X e non credo cambieremo più. In verità ho anche una GS3, che è stata usata dal ristorante Noma per almeno 10 anni. Perfetta per fare i training.
Quando ho aperto la mia torrefazione, nel 2006, anche il distributore locale La Marzocco, Patrick iniziava il suo business. Partire insieme ci ha permesso di confrontarci, di parlare del settore. Oggi Patrick è il nostro partner per tutte le attrezzature ma siamo anche molto amici, ci vediamo nel nostro tempo libero. All’inizio avevamo la tostatrice dentro al coffee shop: ci piaceva che i nostri clienti assaggiassero il caffè che facevamo, servito come volevamo noi. Più tardi la tostatrice l’abbiamo spostata, il locale è diventato un coffee shop puro che da maggio a ottobre è meta dei turisti. Ma il nostro business oggi è nell’importazione del caffè verde, sulla tostatura e l’esportazione. Oggi mettiamo al centro la ricerca sulla materia prima.
Oggi mi occupo principalmente dell’acquisto del caffè verde, raramente faccio dei training ai miei baristi. Mi occupo di controllo qualità sulla tostatura, della piantagione in Colombia dove viene cresciuto il caffè; quindi, non mi considero più un barista anche se uno rimane barista per sempre. Una delle giornate più divertenti dell’anno è quando celebriamo il nostro anniversario nello shop alla fine di giugno e sto dietro al bancone a fare espresso. Anche se non lo faccio più tutti i giorni so esattamente tutti i movimenti che devo fare. È come andare in bicicletta, è impossibile scordarsi come si fa una volta che hai imparato.
Oggi non vado più in fiera. Ma all’epoca andavo e ricordo che Piero ogni volta che ci trovavamo in fiera ci mostrava sempre le cose nuove che aveva. La nostra community era molto molto piccola e in ogni evento trovavi sempre le stesse persone!
L’ultima volta che sono stato a La Marzocco era il 2008 o 2009 e poi sono stato a Scarperia, una o due volte. Non ho foto ed è anche molto strano, ma credo che sia dovuto al fatto che iniziavamo ad avere l’iphone e non facevamo più foto con la macchina fotografica e quindi da qualche parte probabilmente ho delle foto che non ricordo. Ah non mi ero ricordato che io ho anche una fb70 a un gruppo che credo sia stata prodotta in due esemplari soltanto! La prima è andata in Danimarca, a Jan Sandrik, l’altra ce l’ho ancora io e la uso ancora a volte, è nella nostra cupping room e funziona ancora benissimo. Per me è una specie di Linea originale perché è così semplice da riparare, è un cavallo da soma, è una macchina ottima su cui lavorare. E ho ancora un libro arancione. Materiale davvero da archivio!